“La bicicletta non è solamente un mezzo di locomozione ; diventa un mezzo di emancipazione, un’arma di liberazione. Libera lo spirito ed il corpo dalle inquietudini morali, dalle infermità fisiche che l’esistenza moderna, tutta ostentazione, convenzione ed ipocrisia; dove apparire è tutto ed essere è niente, suscita sviluppa e mantiene con grande detrimento per la salute”
Sappiamo tutti di cosa parliamo quando diciamo cicloturismo e probabilmente diamo per scontato che sia un tipo di turismo nato con l’invenzione stessa della bicicletta nell’Ottocento. Ed è più o meno così, se si considera che si deve l’”invenzione” del cicloturismo al Paul de Vivie, conosciuto come Vélocio, che coniò il termine nel 1889.
Chi era Vélocio? Nato a Pernes-les-Fontaines, in Provenza, nel 1853, acquistò la sua prima bici nel 1881 e si iscrisse immediatamente al Club des cyclistes stéphanois di Saint-Etienne a cui erano iscritti anche i fratelli Gauthier, produttori francesi di due ruote. Appartenere a questo club, secondo il primo articolo dello statuto: “(dava) la possibilità agli aderenti di fare, in compagnia di altri amatori, delle gradevoli escursioni, corse e viaggi”. In realtà il concetto di amatore dell’epoca era molto diverso da quello odierno, e intendeva, sul modello inglese, una concezione piuttosto elitaria: gli operai non potevano accedere al club, ma si tenga conto che il costo di una bicicletta all’epoca segnava un netto spartiacque sociale, infatti a fine Ottocento era di circa 500 franchi, mentre il salario medio giornaliero di un operaio era di 3,30 franchi.
Ma torniamo a de Vivie. Lavorando come rappresentante di seta si ritrovò a viaggiare in ogni luogo, in particolare in Inghilterra dove scoprì una collaudata industria della bicicletta e il Touring Club Ciclistico. Completamente travolto da questa nuova passione, divenne il primo importatore di biciclette inglesi con l’Agence Générale Vélocipédique, e poi si dedicò alla propria produzione lanciando il marchio La Gauloise.
Nel 1887 creò la rivista “Le Cycliste Forézien”, che l’anno seguente divenne “Le Cycliste“, e sostenne la fondazione di un Touring club sul modello di quello inglese. Nel 1889 in un suo articolo su Le Cycliste comparve per la prima volta la parola cicloturismo.
Curioso e innovatore, fu sostenitore accanito di ogni innovazione tecnica legata alla bici e lavorò instancabilmente sullo sviluppo dei cambi di marcia e sul loro utilizzo, animando anche un feroce dibattito dalle pagine della sua rivista con l’ideatore del Tour de France, Henri Desgrange, fortemente contrario all’uso del cambio (per curiosità: l’uso del cambio al Tour fu proibito fino al 1937). Si dice inoltre che percorresse circa 20.000 km all’anno e che facesse tappe da 40 ore filate.
Creatore anche dei termini ciclotecnica e cicloterapia, fu davvero una figura emblematica per i suoi racconti di escursioni e per il costante invito ai ciclisti a incontrarsi durante i loro viaggi. Il suo stile di vita era semplice e rigoroso, fu un convinto vegetariano e cercò di promuovere alimentazione e norme sane per la pratica ciclistica.
Morì in un incidente, investito da un tram mentre attraversava la strada con la bicicletta a mano cercando di evitare un’auto.
I suoi “sette comandamenti” per le corse sono rimasti nella storia e valgono ancora oggi:
1 – Rare e brevi soste, per non far crollare la concentrazione.
2 – Pasti leggeri e frequenti: mangia prima di avere fame, bevi prima di avere sete.
3 – Non andare mai aldilà delle tue possibilità con fatiche che portino a mancanza di fame e sonno
4 – Coprirsi prima di avere freddo e scoprirsi prima di avere caldo. Non aver paura di esporre la pelle al sole, all’aria e all’acqua
5 – Eliminare, almeno in corsa, tabacco, vino e carne.
6 – Non forzare mai, restare nelle proprie possibilità, soprattutto nelle prime ore in cui si è tentati di spendere troppo perché pieni di forze.
7 – Non pedalare mai per amor proprio
Oggi, per chi vuole omaggiarne la memoria è possibile visitare un monumento a lui dedicato in cima alla salita del Col de la République, fuori Saint-Etienne o la sua tomba nel cimitero di Loyasse a Lione.
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